domenica 2 agosto 2015

Oggi siamo andati al ristorante...

Vi ricordate il simbolo nuovo di zecca per il ristorante che avevo preparato recentemente? Beh, oggi lo abbiamo usato in una carta di transizione per spiegare a Jacopo dove saremmo andati oggi. La questione del mangiare con gli altri è sempre stata un po' complicata, come ricorderanno i lettori più affezionati. Durante la scuola dell'infanzia, Jacopo ha fatto passare un paio di anni prima di mangiare con i propri compagni a mensa... Perso questo prezioso momento di aggregazione con l'approdo alla primaria, la situazione non si è evoluta.

Le ultime due volte che siamo stati nel ristorante in cui abbiamo mangiato oggi, le urla di Jacopo hanno riempito i vicoli e io ho passato la serata sui gradini esterni al ristorante insieme a lui. Secchiate di frustrazione per tutti.

 "Mangiare con altri in un ambiente che non è la propria casa" è un problema che, nella condizione dello spettro autistico, va ridefinito nei termini di: 1) "Mangiare con altri" (condivisione di tempi, spazi e suppellettili); 2) "Mangiare in un ambiente che non è la propria casa" (tipo di ingresso, colori, odori, rumori, visi nuovi, diversi tempi di attesa, diverso arredamento). Chi ha un figlio autistico deve affrontare la conquista dell'andare a mangiare fuori con la famiglia al completo, lavorando specificatamente su questi due aspetti (ovviamente con largo anticipo rispetto alle prime esperienze sul campo).



Per quanto riguarda il punto 1, da questo inverno abbiamo cercato di far convergere gli orari dei pasti di Jacopo con quelli del resto della famiglia. Jacopo però ha continuato a mangiare sul suo tavolo. Da quest'estate, a casa, ha cominciato a fare la merenda sul tavolo da pranzo, in maniera frequente. Noi glielo proponiamo tutte le volte ma non lo forziamo se vuole mangiare al suo tavolo. "Mangiare con altri" ha una forte valenza relazionale ed è un'esperienza che richiede un forte investimento da parte di una persona autistica. Per ora, con Jacopo, stiamo curando la condivisione dei tempi (mangiare tutti nello stesso momento) e del tavolo da pranzo (come "tavolo-su-cui-mangia-anche-Jacopo").

Per quanto riguarda il punto 2, in primavera ci siamo avventurati in qualche caffè con tavolini all'aperto per un aperitivo o un gelato. Inutile dirvi che è fondamentale conoscere la logistica del locale e scegliere orari non troppo affollati per affrontare queste esperienze sul campo. Le sortite sono andate bene: il nostro eroe è rimasto seduto e si è procurato qualcosa da fare, disdegnando però qualsiasi profferta alimentare.

Giungiamo così a oggi. Con una di quelle botte di temerarietà che mi contraddistinguono, ieri pomeriggio ho annunciato che all'indomani avremmo pranzato fuori. Con Natale (papà di Jacopo) avevamo da tempo individuato la postazione migliore anche in caso di catastrofe (cioè nel caso in cui Jacopo si fosse rifiutato di entrare): tavolo vicino alla porta del patio esterno che dà direttamente sul vicolo. Il nostro desco avrebbe sconfinato un po'... Prima di uscire di casa, ho mostrato a Jacopo la carta di transizione che gli mostrava che stavamo prendendo la macchina per andare al ristorante. Gliel'ho mostrata un altro paio di volte in auto, finché mi ha fatto chiaramente segno di sì, sottintendendo probabilmente anche "smettila di ripetere la stessa cosa. Ho capito" . Sapete come siamo noi mamme...

Abbiamo parcheggiato e, come in un videogioco, abbiamo affrontato il primo livello di difficoltà: inoltrarci nei vicoli a gradoni di Ceglie Messapica per raggiungere il ristorante. Il problema non è salire ma interrompere la salita per entrare in una porta a metà del vicolo, ovviamente. Perché non continuare a salire? Il caldo ci ha aiutato a superare il primo livello, rendendo sicuramente più desiderabile entrare in un cortile ombreggiato piuttosto che continuare sotto il sole cocente.
Una volta entrati la chiave di volta era individuare un posto gradito a Jacopo, che ovviamente ha scartato subito quello da noi ipotizzato :D. Un paio di urli contenuti, tentativo di venirmi in braccio (per la serie "Portami via di qui!"), giro veloce di tutti gli ambienti alla ricerca di una via di uscita, mentre al volo chiedo la password del wifi per collegare l'ipad e mi dirigo verso un tavolo interno (al fresco delle chianche) mettendo una sedia in posizione angolare, senza alcun piatto davanti a Jacopo.

Non avendo Internet a libera disposizione come a casa, il rinforzo era notevole e ha funzionato. Ho messo i simboli che ci sarebbero potuti servire sulla tavola, tirando fuori la bottiglietta d'acqua di Jacopo e il suo bicchiere per metterli accanto ai nostri. Ho messo in bella vista il simbolo "Non urlare" a cui lui ha dato più di un'occhiata, finché me l'ha restituito. In effetti non ha più urlato per rifiutare quello che gli offrivo. Al momento del dolce. ho chiesto ad Angela di portare a Jacopo un Orociock che mi ero portata dietro (di cui in questo momento va particolarmente ghiotto), in maniera da dimostrare che in "questi posti" ti portano da mangiare anche le cose che piacciono a Jacopo. Il gesto è stato molto gradito :)

Insomma, questa volta è andata bene. Fa morale, insomma! :D

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