mercoledì 25 dicembre 2013

Auguri dall'officina di Jacopo

Ancora una volta usufruiamo dei simboli ARASAAC per farvi i nostri migliori auguri!


domenica 15 dicembre 2013

Un albero Jacopo-compatibile

Oggi abbiamo fatto l'albero di Natale. Come ogni anno mi sono spremuta preventivamente le meningi  per trovare soluzioni decorative in grado di resistere alla manipolazione e/o essere ripristinate senza eccessive perdite di tempo. Entrambe le caratteristiche sono anche garanzia di contenimento del danno e del pericolo in caso di caduta albero (...).
Decorazione
Quest'anno, l'idea Jacopo-compatibile e' stata la decorazione in tulle, che potete vedere in foto. Ieri sera ho fatto delle prove che non mi hanno convinto allora ho solo montato l'albero e ho rimandato la realizzazione creativa a oggi. Quando mi sono svegliata, ho trovato una prima decorazione provvisoria ad opera di Jacopo, che l'ha cosparso di pezzettini di carta. Per la serie: a tutto io devo pensare!

Prima decorazione by Jacopo
Il tulle e' stato molto gradito: da' un bell'effetto soffuso con le luci, e' morbido da toccare e il fiocco si ricompone abbastanza velocemente ;). La parte da leone la fanno le luci a led (che possono essere toccate senza scottarsi e non si rompono come quelle bellissime serie che sono cadute inesorabilmente vittima del nostro eroe).
Abbiamo aggiunto qualche personaggio e qualche pacchetto (eredità Jacopo-compatibile dello scorso anno) che Jacopo stesso mi ha portato perché li appendessi.
In tutto questo, Aurora srotolava e tagliava il tulle. Con calma e serenità.
Il risultato e' qui sotto. E ora ci tocca la ben più difficile missione: presepe Jacopo-compatibile! Ma domani e' un altro giorno...
Risultato finale

mercoledì 27 novembre 2013

Giocare insieme

due bambini che giocano e un terzo guarda
Ogni Babbo Natale ha il suo bel da fare a cercare i giochi più graditi ai piccoli destinatari, ma una Mamma Natale ;-) che deve fare i conti con i bisogni educativi speciali del proprio figlio deve ingegnarsi un po' di più per riuscirci e non deve demordere riservando le energie a qualcosa di apparentemente più... "utile".

Come dico spesso (ringraziando per questo insegnamento il papà di Jacopo che un giorno - esasperato - mi chiese perché non si potevano comprare anche giocattoli "per giocare" e non solo "per imparare"),  l'aspetto ludico della vita dei bambini con una qualche disabilità viene troppo spesso trascurato come se non ne avessero diritto anche loro.

Un po' come per la comunicazione, una volta che abbiamo garantito l'espressione delle necessità essenziali, tutta quella "comunicazione accessoria" di cui le nostre relazioni umane e sociali si nutrono diventa un lusso destinato a pochi. E questo non deve succedere, né per il gioco né per la possibilità di comunicare.

Tornerò sull'argomento scelta/modifica giocattoli un po' più in là (spero), con un post specifico che ho cominciato a scrivere un po' di tempo fa. Oggi mi interessa annunciare il regalo che l'Officina vuole fare a tutti i grandi e i bambini che ci leggono per questo Natale: la versione italiana del domino realizzato da Carmen Fernández Cacho con i pittogrammi disegnati da Sergio Palao per ARASAAC.

Stampandola su cartoncino e plastificandola, potrete avere un bel gioco da tavolo da utilizzare in classe e a casa, in maniera da favorire la relazione con i pari (ma anche con gli adulti che ti chiedono. "Ma come posso giocare con lui/lei?") e far sperimentare l'utilizzo dei pittogrammi anche a chi non li usa per comunicare.

In questa maniera, si può scoprire come la +s che c'è in alto a destra di alcune immagini rappresenta il plurale e, magari, lo si riconoscerà più facilmente quando lo si vedrà in un testo scritto in simboli o in una tabella di comunicazione.

Insomma. non ci dimentichiamo che senza partecipazione non c'è comunicazione e senza comunicazione non c'è inclusione... ma che ve lo dico a fare? Se siete qui a leggere, vuol dire che almeno un po' la pensate come noi. Qui sotto trovate i link ai pdf da stampare. Buon divertimento!


sabato 16 novembre 2013

Io sono... Jacopo

In un periodo in cui si parla di didattica inclusiva per massimi sistemi, senza preoccuparsi troppo di spiegare realmente di cosa si parla né di quali risorse e competenze ci vogliano per modificare/adattare/semplificare/personalizzare metodologie e materiali, noi dell'officina abbiamo fatto (e continuiamo a fare) qualche esperimento.

Uno di questi è stato la trasformazione di una semplice scheda (compresa tra le prove di ingresso per la prima), in cui il/la bambino/a "con sviluppo nella norma" avrebbe dovuto rappresentarsi con un disegno e completare la frase "IO SONO..." con il proprio nome. Ovviamente un bambino non verbale, che non disegna e non scrive ancora (per di più autistico), non può usufruire in nessuna maniera di una prova strutturata in questo modo, però è interessante capire come sia possibile trasformarla in maniera che il formato e gli obiettivi siano adeguati a modalità percettive e a stili di apprendimento specifici.

La scheda iniziale era questa

 e noi l'abbiamo trasformata in quello che vedete sotto. Scoprite le differenze ;)

martedì 29 ottobre 2013

Fare squadra...

Immagine: ARASAAC
Come scrivevo nel post precedente, nei momenti di debolezza, Jacopo interviene sempre in mio soccorso facendomi un regalo che asciuga le lacrime e prosciuga i dubbi. Oggi me ne ha fatto uno enorme: mi ha salutato per la prima volta spontaneamente.

Sono entrata nella stanza di Luigia per portarlo via, mi ha guardato fisso negli occhi e mi ha fatto ciao con la mano.

E con la mente sono tornata a quella sera, a quel foglio passatomi da chi mi stava mostrando la strada, a quel "potere della comunicazione" da scoprire che spiccava a lettere maiuscole, così lontano e irraggiungibile...

Che un semplice ciao potesse provocare un tale tuffo al cuore, nella vita prima di Jacopo, non lo avrei mai pensato.

venerdì 25 ottobre 2013

La pizza porta consiglio...

Io e Jacopo abbiamo passato molti momenti difficili insieme. Momenti in cui eravamo soli, io e lui. Magari perché ricoverati in qualche ospedale lontano centinaia di chilometri da casa o perché non c'era nessuno che potesse aiutarmi in quel momento anche se ne avrei avuto bisogno...
Ho dovuto prendere tante decisioni per lui senza avere sempre la possibilità di confrontarmi, chiedere consiglio e aiuto.
Non sempre la vita e le circostanze te lo permettono.
Come dico spesso, Jacopo è la mia forza e la mia debolezza. Mi rende debole perché lui è la mia carne viva, esposta senza alcuna protezione agli urti inconsapevoli di passanti frettolosi. Mi rende forte perché sono il suo scudo.
Lo scudo di una persona che non parla ma comunica. Una comunicazione in cui siamo entrambi alla pari: lui impara, io imparo.
Nei momenti di debolezza, lo scudo si attiva perché facciamo squadra. Come quando mangiamo la pizza.
Quando era più piccolo, Jacopo la mangiava sempre con piacere. Poi, come è capitato con altri alimenti, è scomparsa dalla sua dieta.
La prima volta che abbiamo condiviso il mangiare una pizza con gusto e voracità è stato al Besta di Milano dopo qualche giorno di digiuno: lui non gradiva i pasti ospedalieri e io non riuscivo a scendere giù in mensa perché non sapevo a chi lasciarlo. Una sera sono riuscita ad entrare in uno di quei giri clandestini di mamme che, la sera tardi, si ordinavano la pizza per fare due chiacchiere dopo aver messo a dormire i bambini. (Per la cronaca, io andavo a dormire sempre insieme a Jacopo perché se volevo lavarmi dovevo alzarmi all'alba e se si svegliava di notte, dovevo uscire dalla stanza per non disturbare i vicini di letto. E poi alle 8.00 già non mi reggevo in piedi...)
Comunque sia, quella pizza è ancora viva nei miei ricordi.
Anche stasera ce ne siamo mangiata una. O, meglio, ne abbiamo condivisa una. Un segnale? Un déjà vu? Comunque facciamo squadra.

domenica 22 settembre 2013

Conoscere le condizioni dello spettro autistico...

Richiedi ciò che le tue aspettative ti dicono sia normale, e tu troverai frustrazione, disappunto, risentimento, e magari addirittura rabbia ed odio. Avvicinati rispettosamente, senza preconcetti, e aperto ad apprendere nuove cose, e tu troverai un mondo che non avresti mai potuto immaginare.

Jim Sinclair, Don't mourn for us [trad. Wolfagang]



lumaca con fumetto vuoto
Non so quanto in realtà noi "neurotipici" (o presunti tali) possiamo realmente immedesimarci in una persona autistica. Ricordo che durante un seminario sentii Flavia Caretto rivolgersi alla platea chiedendo provocatoriamente se qualcuno di noi fosse in grado di descrivere come pensa una lumaca ed io riprendo spesso questo esempio per ricordare e sottolineare l'origine neurobiologica (e NON psicotica) di questa condizione che dà luogo a un funzionamento diverso del cervello. Prendete in considerazione, ad esempio, questa descrizione di Jim Sinclair della sua maniera di percepire un martello
“Ho scoperto nel corso degli anni che il mio modo di percepire le cose differisce da quello dei comuni mortali. Ad esempio, quando mi trovo di fronte a un martello, inizialmente non sono assolutamente di fronte a un martello, vedo soltanto un insieme di pezzi che non hanno alcun rapporto fra di loro. Posso notare un pezzo di ferro e nelle vicinanze, per pura coincidenza, una barra di legno; dopodiché rimango colpito dalla coincidenza, e questo sfocia nella percezione di un martello. Infine la funzione del martello mi viene in mente quando realizzo che questa struttura percettiva che si è presentata nella mia mente può essere utilizzata per lavori di falegnameria.” [da "Conoscere l'autismo" di Theo Peeters, pp.9-10]
La sua descrizione ci permette di capire come LUI percepisce questo utensile, ma non ci permette di percepirlo nella stessa maniera né di generalizzare che questa specifica modalità percepire un martello valga per TUTTE le persone autistiche.
Ogni persona autistica va scoperta nella sua singolarità e questo richiede che tutte le persone che interagiscono con essa conoscano le caratteristiche dell'autismo per imparare a comunicare e agire in maniera adeguata.

Non potendo partire da un bagaglio di significati condivisi, occorre avere la forza e l'apertura mentale di crearli, scoprirli e condividerli ex novo.

Ovviamente questo è indispensabile per gli adulti (familiari, insegnanti, educatori...) ma non meno per i compagni di classe (nel periodo scolastico) e/o i colleghi di lavoro (e sì! Dico LAVORO...).

Per quanto riguarda, la scuola, segnalo questo preziosissimo link di Autismo Sardegna, in cui vengono presentate una serie di attività ed esperienze (proposte dalla Division TEACCH) per educare i bambini non autistici alla scoperta delle differenze e per incoraggiare l'empatia.

L'ho trovato veramente interessantissimo e illuminante! E voi che ne pensate?

Un'ultima precisazione: io parlo di persone autistiche e non di persone con autismo perché ho imparato ad avere consapevolezza che l'autismo non è qualcosa che "si attacca" alle persone ma le costituisce, come insegnano gli autistici stessi. Come genitore preferirei dunque sentir parlare di persone con una condizione dello spettro autistico ma è pur vero, ve lo assicuro, che in questo momento mi accontenterei di molto meno...

giovedì 19 settembre 2013

Scuola e autismo: conoscere per comprendere, comprendere per agire

copertina libro
"Ogni persona indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto fondamentale di influenzare mediante la comunicazione le condizioni della sua vita" sottolinea un documento [pdf] redatto circa una decina di anni fa dall'Associazione Nazionale per il Diritto alla Comunicazione delle Persone con Disabilità Gravi.
La comunicazione rappresenta uno dei fondamenti dello scambio e della relazione. E' noto che un messaggio efficace può essere trasmesso da un mittente a un ricevente, solo nel caso in cui entrambi i soggetti della comunicazione condividano l'utilizzo di uno stesso codice comunicativo: esso si pone come condizione necessaria al fine della reciproca comprensione. In relazione alla sfera dei disturbi appartenenti allo spettro autistico, nei quali le competenze comunicative risultano essere qualitativamente alterate al punto da impedire o comunque limitare fortemente lo sviluppo dell'autonomia nelle persone con autismo diviene fondamentale.
Le persone con autismo hanno caratteristiche individuali molto peculiari; per chi non ha mai avuto la possibilità di interagire con loro, non sempre può risultare semplice costruire processi di comunicazione efficaci. La comunicazione si può inceppare e la paura, le difficoltà, la non conoscenza di strategie e metodi specifici rischiano di paralizzare l'intervento educativo e di far giungere a semplici e scontate considerazioni che possono rinchiudere la persona all'interno del suo deficit, con il rischio che venga identificata solo con esso.
Integrazione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico - Documento di indirizzo, p.9 [2008]

 

 

giovedì 5 settembre 2013

Una nuova avventura

avventura
Eh sì! Non si può negare che oggi sia stata una giornata importante per l'officina... ;) Abbiamo portato Jacopo "in esplorazione" nella sua nuova scuola, per cominciare a farlo ambientare con volti e spazi nuovi (come da manuale ;) ).

 A Jacopo piace molto andare a scuola e, anche se non era quella "vecchia", l'ha riconosciuta subito come tale. Di conseguenza, la prima mezz'ora abbiamo dato il meglio di noi, entrando subito in modalità "elettrone impazzito" con urla annesse (nonché connesse al significato "devo assolutamente andare a vedere ovunque e tu non mi puoi fermare"). Fra me pensavo che come presentazione forse era un po'... forte e che sarebbe stato difficile spiegare che non fa sempre così, ringraziando in cuor mio l'esistenza dell'archivio video con cui poter rincuorare un minimo maestre e collaboratori scolastici (a cui devo un calendario da tavolo che Jacopo ha sequestrato e distrutto nel giro di poco).

Dopo una breve tappa alla reception, abbiamo esplorato salone e bagno finché - soddisfatto del giro orientativo - si è fiondato in un'aula dove un gruppo di insegnanti stava programmando e non c'è stato verso di portarlo via se non dopo averlo lasciato stare seduto un po'vicino a un banco e avergli lasciato toccare un po' di suppellettili varie. Immaginate la scena: io che sto dietro all'erinni :-D scusandomi con le colleghe dell'irruzione mentre sposto borse, libri e quanto cada sotto l'attenzione del piccolo! Per fortuna che noi genitori auties sviluppiamo (per pura sopravvivenza) una faccia di tolla non indifferente con il tempo, che tiriamo fuori appositamente in queste occasioni... :-D

Il problema è che Jacopo aveva capito benissimo che era a scuola ma, proprio per questo, si aspettava che qualcuno lo facesse lavorare e che io me ne andassi. Poi abbiamo scoperto la palestra e lì è stata l'apoteosi: strisce e cerchi da seguire per terra, pareti chiare, spazio in cui correre...
Jacopo esplora la palestra
Era felice proporzionalmente alle urla e ai pianti che si è fatto fino a casa. Mi sono chiesta allora (e ancora mi sto chiedendo) se, pur nella necessità di favorire il passaggio alla primaria, oggi non gli abbiamo fatto quasi un "tradimento" a "far finta" di portarlo a scuola. Ci devo riflettere un po' su...

ps informerò al più presto il collaboratore scolastico che la sua maglietta rossa con lo stemma è un oggetto altamente ipnotico per Jacopo: lo avrà reso una persona molto interessante ai suoi occhi (come avrà potuto sospettare mentre Jacopo "maneggiava" il suddetto stemma) :-D

giovedì 23 maggio 2013

Le parole della maestra

Come sapete, i membri dell'officina di Jacopo stanno per cambiare dato che il nostro... titolare ;-) sta per trasferirsi nella scuola primaria. Il salto è importante: cambiano gli ambienti, i ritmi, le aspettative, le parole e le frasi più frequenti che sentirà attorno a sé.

Abbiamo quindi deciso di provare a sperimentare - a casa come nei diversi ambienti in cui Jacopo lavora in maniera strutturata - le flashcard che vedete qui sotto (realizzate con la collezione di simboli ARASAAC), con cui aiutarlo a familiarizzare con quelle che ho chiamato "le parole della maestra". In realtà sto lavorando a questo progetto (che non comprende solo questo materiale) da più di un anno (ma di questo vi parlerò altrove ;-) ) e io stessa sperimenterò questi supporti visivi nelle prime classi del prossimo anno. Sono infatti profondamente convinta che il materiale per la CAA si presti particolarmente all'integrazione della comunicazione verbale in contesti di apprendimento per tutti e non solo per bambini con Bisogni Comunicativi Complessi: basta saperla utilizzare!


La "collezione" è ovviamente all'inizio e l'insieme verrà sistematizzato e ampliato secondo necessità e risposta del bambino. Se volete sperimentarli anche voi siete liberi di farlo e, se volete, di contattarmi per confrontarci sui risultati e le modalità di utilizzo. Ulteriori spiegazioni le trovate nelle slides 2-3 della presentazione e nella sistematizzazione teorico-pratica che spero di riuscire a pubblicare al più presto.

Buona avventura!

mercoledì 1 maggio 2013

Jacopo e la NOSTRA comunicazione

Dovremo essere sempre riconoscenti a Jacopo della grande riflessione su COME comunichiamo. È' stata ed è sempre una grande sfida. Siamo più attenti ai gesti, agli sguardi, ai contesti... Quando sono infelice e' perché non c'è comunicazione. Ultimamente sono molto felice :)

venerdì 26 aprile 2013

Sei ore di ospedale...

Ieri [24/04] è stata una di quelle giornate intense che qualsiasi mamma vorrebbe evitare e dimenticare al più presto... Prima di farlo, però, mi piacerebbe buttare giù due riflessioni sull'esperienza di fare da tramite in queste situazioni tra il medico e qualcuno che non parla (e magari è anche autistico).
simbolo di un edificio con croce rossa dentrobambino con cuore a più colori disegnato sulla maglietta


Per farvi un'idea delle condizioni, riassumo l'esperienza per tappe (e simboli):
faccia con espressione sofferentegamba

1) arrivo al Pronto Soccorso ore 12.00 con Jacopo che trascina la gamba destra vistosamente. Suono e spiego subito all'infermiera che si affaccia le particolarità del paziente ma è come se le avessi fatto notare che aveva i capelli biondi: irrilevante! Del resto, devo aspettare come tutti gli altri perché non c'è la connessione e non si possono registrare gli arrivi via PC...

simbolo del PC connesso con una sbarra rossa soprapersone che aspettano


 2) Alle ore 12.55 siamo accolti per l'accettazione. Altra infermiera, stessa spiegazione, stessa reazione. Nessuna traccia di autismo nel foglio con il numero magico che decide quando dovremo entrare per la prima visita. Il problema, che ho tentato di spiegare con scarso successo, non è semplicemente la mancanza di parola ma la possibilità che il dolore sia molto maggiore di quello che sembri. Sbuffo infastidito sull'inutilità dell'informazione.

infermierafaccia annoiata


3) Verso le 14.00 veniamo visitati dal medico del Pronto Soccorso: è lo stesso di quella terribile notte del laringo spasmo (ultima disavventura della notte del 31 ottobre scorso)... Gli dico che ci conosciamo già, nella speranza di non dover ripetere tutta la manfrina: come non detto. Solita frase di presentazione su autismo e mancanza di parola, solita risposta (si, sì. Non si preoccupi...). Mi chiedono, come al solito, di stendere il bambino (o di girarlo, alzarlo, ecc...) e ogni volta sono costretta a chiedere spiegazioni su COSA devono fare perché lo devo spiegare a Jacopo che, come ognuno di noi, se non sa cosa sta per succedere, oppone resistenza perché ha paura. Certo è difficile chiedere tempo in un PS sotto organico, con la folla dietro la porta però non è una catena di montaggio...
persone in codadottorefaccia stanca


4) Abbiamo vinto due consulenze: neurologia e ortopedia ci aspettano. Come per il gioco dell'oca, ci toccherà tornare qui alla fine del tour. Ci danno le carte da consegnare e riportare compilate con gli esiti delle visite. Verso le 15.30 torniamo giù, dopo aver girato in lungo e in largo l'ospedale (con Jacopo sempre in braccio a me dato che non poteva camminare), aver atteso ancora il nostro turno e aver dovuto fare ancora da traduttrice-mediatrice tra mondi nonché da "termometro del dolore" scrutando la faccia di Jacopo in relazione alla manovra del medico. Abbiamo finito? No, no. Siamo scesi solo per farci avere la prescrizione (altri 15 minuti di attesa) per la radiografia e l'ecografia. Ci spostiamo finalmente in radiologia.
simbolo del saliresimbolo visita medica

bambino in bracciosimbolo dello scendere


5) Ore 16.00-17.30 Le forze si stanno esaurendo e la pazienza di Jacopo anche. Ne ha tutte le ragioni. Entra isterico - dopo l'ennesima attesa - nella sala raggi in cui siamo in due a tenerlo dato che non ce la fa più e se ne vuole andare. Seguono la prevedibile lotta sul lettino dei raggi, l'urto contro la macchina, il solito rimprovero da parte del tecnico (e no! dovete tenerlo buono ho detto!). Ingoio tutto ciò che mi verrebbe di rispondere. Il caldo, il sudore, la stanchezza, il pianto e il grembiule piombato mi mettono a dura prova... Procedo a testa bassa ma comincio a fare commenti ad alta voce con fare poco amichevole.


simbolo sala d'attesabambino che piangesimbolo della rabbia


6) Con i referti, le lastre e le eco ritorniamo al 4° piano per farle visionare all'ortopedico che, dopo la minore attesa possibile (unico medico in reparto), ci prescrive la cura e il riposo. Gli chiedo se qualcuno si è mai posto il problema di predisporre tabelle di CAA per i pazienti che non parlano. Non sa cosa siano ma sottolinea che avrebbero bisogno anche di medici e infermieri per sopperire alla mancanza di organico che lo ha tenuto inchiodato lì tutta la giornata senza neanche la possibilità di una pausa per il pranzo.

simbolo del saliremano che scrive su una ricetta medicasimbolo dello scendere

7) Ore 17.45. Ritorniamo al Pronto Soccorso. La connessione è andata via nuovamente ma io non ho intenzione di rimettermi in coda per un tempo indefinito con Jacopo che ormai è ingestibile (e ne ha tutte le ragioni!) e io che ho ormai la spalla slogata, voglio solo andare a casa. Il mio atteggiamento deve essere poco rassicurante. Il dottore ora di turno mi fa le fotocopie dei documenti che riporterò la prossima settimana per chiudere la pratica. Trascino via Jacopo sapendo che la porta di casa spegnerà le urla. Devo solo arrivarci.

Credits: i simboli utilizzati appartengono alla collezione ARASAAC, disegnata da Sergio Palao.

martedì 2 aprile 2013

2 aprile 2013.


Il mondo è pieno di gente grigia e pesante come pietre, i nostri strampalati figli parlano poco, ma almeno emanano pensieri di una leggerezza tale da far volare persino noi.

venerdì 15 marzo 2013

E così, un giorno, ci siamo fatti l'iPad...

Si definiscono "complessi bisogni comunicativi" i problemi comunicativi assiciati ad una vasta gamma di cause fisiche, sensoriali e ambientali che restringono/limitano l'abilità a partecipare indipendentemente alla società. le persone con complessi bisogni comunicativi e i loro partners comunicativi possono beneficiare della Comunicazione Aumentativa e alternativa (CAA) sia temporaneamente che permanentemente.Eh, sì! Anche Jacopo è entrato nel novero di quei privilegiati che a scuola andranno con il tablet. Ovviamente Apple.
Perché direte voi? Perché Jacopo è un po' "choosy" (come si dice ultimamente) o per dimostrare il suo status di "privilegiato"? Ebbene no. Abbiamo deciso di correre questo rischio perché Jacopo ha quello che viene definito un Bisogno Comunicativo Complesso e la Carta dei diritti della comunicazione [pdf] ci ricorda che ogni persona ha il diritto fondamentale di influenzare, attraverso la comunicazione, le condizioni della sua vita. Anche se non parla.
jacopo che usa l'ipad
Jacopo usa l'ipad
Al momento, stiamo cercando di capire quale soluzione è più adatta a lui per l'utilizzo del tablet come comunicatore, in primo luogo valutando il percorso di CAA fatto fin qui. Nel frattempo, sperimentiamo le app educative che integrano e sostengono gli obiettivi educativi e riabilitativi in atto.

La scelta dell'iPad (il cui costo è stato interamente sostenuto dalla famiglia a IVA piena...) e non di un tablet con sistema Android nasce dalla maggiore ricchezza di app dedicate ai bisogni educativi speciali (ma anche no). Nella foto al lato, potete notare il guscio protettivo che, non a caso, si chiama Survivor, con cui abbiamo "incastonato" il tablet, per proteggerlo da urti e tutto ciò che possa danneggiarlo, sporcarlo, ecc.
Componenti del Survivor
Il dispositivo diventa sicuramente un po' più pesante (ma al contempo più stabile) e può essere rialzato sia con un supporto per PC come quello che vedete nella foto con Jacopo, sia con l'apposita maniglietta in dotazione, che però non mi sembra adeguata ai bambini. Poi, ovviamente, dipende sempre da come vogliamo usarlo.
Ipad rialzato con la maniglietta in dotazione

Devo anche confessare che, prima di inscatolarlo, abbiamo messo anche la pellicola protettiva: all'inizio mi è sembrato eccessivo ma se deve essere un dispositivo che Jacopo deve portarsi in giro, è giusto che possa farlo in tutta libertà. Giusto? :-)

Ovviamente non è finita qui. Non penserete certo che la fondatrice dell'officina si limitasse a questo, dimenticandosi quanto scritto sui blog per l'integrazione...
Grazie alla collaborazione di un gruppo motivato e competente di amici, è nato App...però! (http://appinclusion.blogspot.it) blog che ha come fine quello di
condividere con chi ci legge ciò che abbiamo imparato usando i tablet con i nostri bambini e ragazzi, anche con le app non create specificatamente per i Bisogni Educativi Speciali. 
Vogliamo provare a fare qualcosa di nuovo e utile tutti insieme, unendo e potenziando i diversi punti di vista di chi lavora e di chi convive con la disabilità. Che aspettate a darci una mano? :-)

martedì 29 gennaio 2013

Verso la scuola primaria...

Con il PDF di ieri, ci siamo proiettati sempre più concretamente verso il grande salto: Jacopo alla scuola primaria!

Se vi dicessi che la cosa mi entusiasma, mentirei. La nostra scuola è sofferente, al di là delle persone di buona volontà e dei professionisti (sì, checché se ne dica esistono anche quelli nella scuola pubblica) che ci lavorano. L'incertezza costante sulle risorse e - quel che è peggio - dell'applicazione delle norme insieme ad un modello "ministeriale" di scuola sempre più orientato a ingozzare i bambini di contenuti così come da Indicazioni, basta già a deprimere.

E anche se non ce la si vuole prendere con il sistema, cosa pensare di una procedura di iscrizione al 1° anno di scuola che va a oberare di ulteriori gravami burocratici proprio le persone che ne hanno quintalate? Perché  non utilizzare le tecnologie per semplificare la vita delle persone invece che costringerle a fare le stesse cose due volte?

Se i genitori di bambini con Bisogni Educativi Speciali sono costretti PRIMA a iscriverli online e DOPO a recarsi di persona presso la scuola prescelta per consegnare la documentazione (che precedentemente si sarà andata a prendere da qualche parte), mi spiegate il senso del prima?
Perché dobbiamo fare anche i postini? E lo stress psicologico di sancire questo stigma a ogni passaggio di ciclo? Non è mancanza di rispetto questa? A me pare di sì.

Immagine: Sergio Palao