venerdì 4 settembre 2015

La carne e lo scudo...

“Io e Jacopo - ricorda Maria Grazia - abbiamo passato molti momenti difficili insieme. Momenti in cui eravamo soli, magari perché ricoverati in qualche ospedale a centinaia di chilometri da casa, o perché non c'era nessuno che potesse aiutarmi in quel momento anche se ne avrei avuto bisogno... Ho dovuto prendere tante decisioni per lui senza avere sempre la possibilità di chiedere consiglio. Jacopo è la mia forza e la mia debolezza. Mi rende debole perché lui è la mia carne viva, esposta senza alcuna protezione agli urti inconsapevoli di passanti frettolosi. Mi rende forte perché io sono il suo scudo”. Maria Grazia, che è vicepresidente dell’associazione onlus “Genitori tosti in tutti posti”, non vuole sentire parlare di “croce”: “Non permetto a nessuno di dire che ho avuto una croce, non voglio fare la mamma martire”, ma ammette di scontrarsi con un mondo che si nasconde la possibilità di “modelli diversi dalle icone di plastica dominanti nella cultura dell’apparenza e del successo”. La società “isola ciò che non vuole vedere e, paradossalmente, accoglie in modo più benevolo chi non ha la forza di affrancarsi dal dolore”, mentre fa fatica ad accettare “una famiglia che, pur nella sua condizione, si sforza di continuare a vivere una vita ‘piena’ e rivendica il diritto di non essere condannata al compatimento”.
Il resto dell'intervista lo trovate qui.

2 commenti:

renata ha detto...

Non vuoi sentire parlare? Non permetti a nessuno di dire?
Oh, da quanto percepisco leggendo qui non me lo hai fatto mai neppure pensare, tanto che è l'articolo che più in un certo senso mi ha stupito. Debolezza e forza vanno a braccetto. Attenti a quei due, in ogni senso.

Maria Grazia Fiore ha detto...

La frase sulla "croce" è l'unica imprecisione di questo bel collage che la giornalista ha fatto di mail, telefonate e post pubblicati nel tempo. Ciò che "non permetto" è che si identifichino i miei figli con una croce. La cosa riguardava più loro che me, diciamo.

Posta un commento